Una seria politica congiunturale, non è un gioco d’azzardo

di Saverio Collura

Secondo alcuni ambienti di Governo, i tecnici di palazzo Chigi avrebbero in mente la messa in campo di un piano straordinario di politica fiscale, che possa anche indurre un livello di deficit superiore al fatidico 3% del Pil; e ciò nell'ipotesi in cui anche il quarto trimestre del 2014 dovesse presentare un tasso di crescita negativo . Non serve proprio il timbro dell'Istat per accertare che dopo tre trimestri consecutivi con trend negativo del Pil (rispettivamente -0,1%; -0,2% e -0,1%) ci possa ancora essere qualche dubbio sulla recessione in atto in Italia. Ricordiamo, elemento fondamentale, che il nostro Paese è il solo (insieme a Cipro) a registrare una tale drammatica situazione. Ma gli indicatori per accertare che il 2014 sarebbe stato un anno orribile per l’Italia erano del tutto evidenti sin dal primo trimestre; allorché l'allora neo segretario del PD chiese alla direzione nazionale del suo partito che venisse chiusa l'esperienza del governo Letta, onde avviare, con un nuovo governo, un'azione di straordinaria efficacia ed incisività per far ripartire (si disse alla grande) l'Italia.
La decisione deliberata dal PD avrebbe avuto un senso logico, razionale e compiuto se il nuovo governo, sin dal primo giorno del suo insediamento, avesse indicato agli italiani (in primis), ai mercati finanziari mondiali, ed all’U E un’ organica azione progettuale con orizzonte temporale la scadenza naturale della legislatura parlamentare. E non, come invece avvenne, la chimera che i fatidici primi 100 giorni avrebbero rappresentato la chiave di volta dei problemi italiani. Quando caddero le illusioni, il governo cercò di accreditare l'immagine di attento e cauto maratoneta, con la meta dei mille giorni. Purtroppo però dobbiamo constatare che cambiò lo stile (da velocista il Governo pensò di trasformarsi in atleta di fondo), ma restò inalterato il disegno (approssimativo) per portare in salvaguardia l'Italia . Permaneva ancora il convincimento che la riforma del Senato e quella elettorale potessero essere efficaci indicatori della volontà riformatrice del nuovo esecutivo, ritenendo così di poter eludere i vincoli liberamente sottoscritti con il patto di stabilità, invocando la scappatoia della flessibilità, garantita dalle riforme. Era evidente la fragilità di una tale aspettativa, stante la pochezza delle riforme prospettate. Purtroppo è risultato anche sostanzialmente inefficace l'intervento degli 80 euro mensili deliberati in favore di una platea di lavoratori dipendenti del settore privato; se si dovette constatare che i consumi privati non solo non ripartivano, ma addirittura registravano la costante decrescita. Si disse allora che quella decisione più che effetti finanziari, avesse prodotto effetti elettorali.
Nel frattempo il Parlamento ha votato il job-acts, ed ora siamo in attesa che vedano la luce i decreti attuativi. Forte (si fa per dire) di questo provvedimento, il governo, come dicevo all'inizio, sembra ora volere porre mano ad ulteriori interventi fiscali e di bilancio, rispetto a quanto già definito con la legge di stabilità, attualmente in discussione in Parlamento. Sembra che stia pensando, in particolare, di estendere il bonus degli € 80 mensili ai pensionati ed ai lavoratori autonomi (costo circa 10 miliardi di euro, da sommare ai 10 miliardi già inseriti nella legge di stabilità), e di mettere in campo un piano straordinario di investimenti per circa 40-50 miliardi l'anno. Un intervento quindi espansivo, pari ad oltre tre punti di Pil all'anno; con evidenti effetti sul deficit e sul debito, in presenza di una situazione di stabilità nei livelli di spesa corrente già deliberati. E tutto ciò, confidando che i positivi risultati delle ultime aste di BTP decennali, che hanno registrato un tasso di rendimento inferiore al 2%, possono essere ritenuti un segnale di tenuta del nostro debito sovrano; nonostante il declassamento appena dichiarato dalla principale Agenzia di rating . Se dovessero venir meno queste aspettative di tenuta del debito, la miscela finanziaria che si potrebbe innescare,a seguito delle eventuali determinazioni del Governo, sarebbe quanto meno di difficile gestione, se non addirittura esplosiva.
Diciamo subito che, in linea di principio, la determinazione di dar corso ad un piano di interventi straordinari, stante la critica situazione italiana, avrebbe una giustificazione reale e razionale. Anche il Pri indicò già nel 2013 un puntuale piano di interventi congiunturali di importo analogo a quanto oggi ipotizzato dal governo; inserendo però le sue proposte in una chiara e definita cornice di riforme strutturali, di efficace politica di spending review , di incisiva lotta all'evasione fiscale; cosa che ci sembra manchi all'ipotesi di intervento attribuita al governo.
Ma a tal proposito, una domanda sorge spontanea: è stato utile reiterare con la legge di stabilità, ed estendere eventualmente oggi, un provvedimento (gli € 80 mensili) che non aveva modificato la situazione in essere per quanto riguarda i consumi privati? O non sarebbe più utile porre in essere una soluzione diversa, come è nella nostra riflessione oggi in atto in vista del prossimo congresso nazionale, per utilizzare in modo alternativo tutti i 20 miliardi di euro annui (i 10 inseriti nella legge di stabilità, ed i 10 ipotizzati come nuovo intervento) come stimolo realmente efficace per il rilancio dei consumi privati?
In sostanza non vorremmo che quella che dovrebbe essere (così è da noi pensata) una credibile, efficace, organica ed equilibrata azione di politica fiscale e di bilancio, possa diventare invece un'avventata carta giocata da un Incauto giocatore d'azzardo.

Roma, 10 dicembre 2014